La Saggezza
Nel 1931 un gruppetto di individui di Norfolk, Virginia, chiesi dei readings a Edgar Cayce per
aiutarli a diventare più evoluti psichicamente (sensitivi). Un reading li informò che la loro prima
meta sarebbe stata più appropriatamente diventare più spirituali. Se avessero lavorato in modo più
diligente con dei principi spirituali nella loro vita sarebbero alla fine diventati più sensitivi. Da
settembre 1931 a luglio 1942 Cayce diede una serie di 130 readings - la “serie 262” raggruppata
come “Readings del Gruppo di Studio” (“Study Group Readings) - che definirono i gradi e i
principi dello sviluppo spirituale. Da quei readings i membri del gruppo svilupparono il testo che è
diventato Una Ricerca di Dio.
Una delle lezioni di spiritualità (Dal Libro II, Lezione Dieci) si concentrò sulla Saggezza. Gli
estratti che seguono in basso illustrano la profondità e l’ampiezza delle idee nei readings di Cayce
su questo tema per il gruppo.
Da 262-102:
D: Darete l’affermazione per la preparazione del nostro studio della Saggezza.
R: Padre nostro, nostro Dio, possa la luce della Tua saggezza, della Tua forza, del Tuo Potere
guidare - via via che ci applicheremo per altri nel Tuo servizio. Nel Suo nome cerchiamo.
Da 262-104:
Nella preparazione di questo, molto sui preconcetti nella mente di molti come la Conoscenza, così
della Saggezza. La conoscenza, com’è stato nell’interpretazione di quello che è stato presentato,
non è sempre potere, a meno che la Saggezza non venga usata nell’applicazione della stessa.
Oppure, come è stato dato, la paura o la conoscenza del Signore è l’inizio della conoscenza e della
saggezza. La saggezza è quindi l’applicazione di ciò che è la comprensione, che è il concetto alla
luce di ciò che è l’ideale dell’individuo che applica conoscenza e saggezza.
Pertanto, come troviamo, il concetto più grande, più profondo, e il modo in cui la Saggezza
dovrebbe essere interpretato, dovrebbe essere presentato, è dapprima nell’esperienza di ogni
individuo nel Gruppo. Perché allora la Saggezza diventa per prima cosa una questione di scelta, e
poi una questione di volontà; sempre alla luce di ciò che è l’ideale per quanto riguarda
l’applicazione di ciò a cui gli individui possono applicarsi, come verso un oggetto, un’esperienza,
una meta cercata. Perché queste cose diventano sempre uno e trino nell’esperienza di ogni
individuo.
La comprensione, il concetto, la volontà, l’applicazione. Se quindi in uno degli approcci alla
Saggezza vi è un’esaltazione del sé, un aumento dei motivi del sé, ciò è una mancanza piuttosto che
un’applicazione della Saggezza del Signore. Ma sarebbe meglio che nell’applicazione il sé non sia
umiliato bensì usato nell’altruismo, negli ideali della glorificazione, dell’esaltazione del Principe di
Pace, la gloria del Padre e non del sé.
E come è stato dato fin dal principio, come è stato dato ad ogni individuo - indipendentemente dal
fatto che qualcuno è stato educato per essere un leader, un saggio, un direttore, sempre è stato -
“Usa ciò che hai in mano, oggi.” Perché è poco per volta, linea su linea, regola su regola che
l’individuo diventa consapevole della Saggezza di Dio; ciò diventa per l’uomo - nella sua
conoscenza di se stesso - come per alcuni - addirittura un ostacolo. Perché spesso voi avete trovato,
avete sentito, avete anche ragionato: come può Dio amarci così tanto eppure permettere che
soffriamo nel corpo, nella mente, nelle necessità della giornata, nei bisogni del corpo, e portare
nell’esperienza degli individui quelle cose che per noi sono incomprensibili?
. . . Proprio come la conoscenza di Dio, la Saggezza di Dio applicata nell’esperienza quotidiana
degli individui, diventa forza, potere, bellezza, amore, armonia, grazia, pazienza e quelle cose che -
nella vita di coloro che le stanno applicando - producono un’esperienza di vita che vale la pena
avere, persino negli scompigli della terra e di quelle attività di peccato e dispiacere e vergogna e
mancanza e degradazione; esperienze preziose affinché la gloria del Padre nel Figlio possa essere
conosciuta e letta e vista e compresa da altri - che vorrebbero consigliarsi su ciò che siete nella
vostra attività quotidiana sulla terra.
Poiché, come Egli ha dato, colui che dà un bicchiere d’acqua nel nome del Cristo non perde la sua
ricompensa. Quello nella Saggezza quindi che lo dà non lo fa perché di lui, come individuo, si parli
bene, si pensi con gentilezza o perché lo si consideri magnifico o di qualche altra qualità
dell’esperienza terrena, ma colui che lo dà lo fa perché la gloria del Padre possa essere resa
manifesta - e perché Lui possa essere il direttore, il sovrano, l’influenza che spinge all’attività, che
produce il desiderio, che incita all’azione stessa. Questa è quindi Saggezza.
La Saggezza è quindi l’amore divino reso manifesto nella vostra conversazione quotidiana, nella
vostra causa quotidiana, nelle vostre azioni quotidiane dell’uno nei confronti dell’altro. Questa è
saggezza. Questo, via via che lo applicherete, che lo renderete noto nella vostra conversazione, nelle
vostre azioni, diventerà sempre di più parte integrante del vostro vero sé.
Questa non è quindi una cosa lontana. Non quello che direste come fecero nei tempi antichi, chi
porterà giù dal cielo un messaggio affinché possiamo conoscere la Saggezza, o chi attraverserà il
mare perché possiamo udire e comprendere; poiché guardate! è nel vostro stesso cuore; è alla
portata del vostro stesso potere, anzi, nella vostra stessa forza! E’ l’applicazione di quello che
sapete fare alla luce del Modello stabilito nel Cristo. Quella è la Saggezza Applicata!
Da 262-105:
Nella Saggezza non criticherete. Nella Saggezza non condannerete nessuno. Nella Saggezza non
serberete rancori. Nella Saggezza amerete coloro, persino coloro che vi useranno con disprezzo;
persino coloro che parlano in modo sgarbato.
Questa è Saggezza, sapere “Come mi propongo di fare nel mio cuore, è in armonia con ciò che
professo con la bocca.” E’ Saggezza che le azioni del corpo, della mente, siano in conformità con
quello che avete dichiarato ai vostri figli, al vostro vicino, al vostro amico, al vostro nemico.
Da 262-106:
Continuando con l’argomento vorremmo dapprima ammonire tutti, affinché applichiate voi stessi
ciò che vorreste dare agli altri su questo argomento. Non predicate ciò che voi stessi non mettereste
in pratica. Non insistete con altri perché provino nella loro esperienza ciò che voi non avete provato.
E ognuno di voi trova che questo riguardi gli altri - se solo voleste guardare nel vostro proprio
cuore! Non che qualcuno venga condannato perché fate una parte della strada e non tutta; altrimenti
non sentireste mai una lagnanza da nessuno.
Provate nella vostra stessa esperienza, ognuno di voi, di non parlare per un giorno intero in modo
sgarbato di nessuno; di non dire una parola dura a nessuno, di nessuno; e vedete che giorno vi
porterà la prossima lezione, la Felicità.
Da 262-108 in cui il testo scritto del gruppo per la lezione viene esaminato da Cayce in trance,
paragrafo per paragrafo:
D: Paragrafo III - Che Ognuno Esamini Se Stesso.
R: Ottimo. Perché questo può sempre essere tenuto davanti ad ogni individuo: Dio è Uno, e quando
si esamina il sé questo deve essere, nella Saggezza quindi, per realizzare il sé - nel desiderio, nello
scopo, nel proposito - per essere tutt’uno con ciò che rappresenta Dio, che applica Dio
nell’esperienza di ognuno. Allora questo diventa necessariamente auto esaminazione. Non
autocondanna, né la glorificazione di sé, ma - dato che la Mente è il Costruttore, la Volontà è il
metro o la misura, e dato che la Legge dell’Amore è quello che dovrà essere costruito - è la
Saggezza che deve essere tutt’uno in ciò.
D: Paragrafo V - Chiusura.
R: Questo va molto bene; soltanto più sull’esperienza individuale - nell’applicazione e
nell’esperienza personale di ciò che diventa una parte dell’esperienza individuale di ognuno che lo
studia e lo legge, come coscienza, come consapevolezza.